anna recalde miranda-Italia / Francia

A Genova avevo 21 anni. Ero andata come molti perché credevo profondamente nei valori e nelle proposte espresse dal movimento, che si sono rivelate, vent’anni dopo, purtroppo tristemente fondate e pertinenti.
Sono andata con un gruppo di amici della mia città: alla fine di quei 3 folli giorni, che ho miracolosamente oltrepassato incolume, sono rimasta orfana dell’idea di democrazia e di giustizia, sconvolta dall’odio profondo che una parte di società e di Stato aveva dimostrato verso di noi.
Sono anche tornata senza la mia amica Sara, che per sua grande sfortuna si trovava nella Diaz al momento dell’assalto.
Sara é scomparsa per 4 giorni, era nella prigione di Bolzaneto ma nessuno lo sapeva. Sua madre é quasi impazzita dall’angoscia. Una volta uscita da quell’incubo Sara non era più la stessa. Nessuno di noi era lo stesso.

Mio padre é paraguayano, fuggito dalla dittatura e dal Plan Condor, questo evento ha riaperto in me la voragine degli orrori della Storia, che non sono cosi’ lontani come sembra.
In quei giorni una mostruosa violenza politica si é abbattuta sui manifestanti. Fino ad allora pensavo che manifestare fosse un diritto. Mi sbagliavo.

Sono stati giorni folli, in cui siamo stati, a partire dal pomeriggio di venerdì’ 20 Luglio, perseguitati dalla Polizia, che ci voleva letteralmente morti.
Io mi sono ritrovata in via Tolemaide al momento degli scontri e in seguito nelle vicinanze di Piazza Alimonda quando Carlo Giuliani é stato ucciso. Ho visto gente massacrata a calci e manganellate, poliziotti che si sfogavano coi manganelli (che i processi hanno dimostrato essere stati sostituiti in alcuni casi da spranghe di ferro) su infermieri, anziani, addirittura un gruppo di suore.
Come se non capissero più neanche loro cosa stessero facendo. La gente cercava di salvarsi nelle scale e negli atri dei palazzi e addirittura nelle case delle persone, che le aprivano per nasconderli. Un gesto di commovente umanità, in tanta bestialità.
La polizia li rincorreva fin li, su per le scale, per pestarli. Follia.

Posso testimoniare che non si capiva nulla, ci si sentiva topi in trappola, gli occhi, la pelle, i polmoni, bruciavano per via dei lacrimogeni, si vagava in una nebbia tossica, si aveva paura di morire ammazzati di botte per strada.
Questa inaudita violenza, ha scatenato la necessità di difendersi. Venerdì notte ero talmente sconvolta da quello che avevo vissuto che mi sembrava un obbligo morale esserci sabato, denunciare, continuare.
Per fortuna durante la manifestazione di sabato ho avuto più fortuna e mi sono ritrovata nel pezzo di corteo che si é salvato dalla seconda giornata di furia poliziale.

Un anno dopo, nel 2002, mentre come Cassandre ci battevamo per far sentire la nostra versione dei fatti, viene arrestato un altro amico, che farà parte delle famose 25 persone arrestate per « devastazione e saccheggio » e che é ancora dentro adesso, Luca.
Luca ha oggi 40 anni. Se Luca, o chiunque altro, ha agito tirando oggetti, incendiando macchine o cassonetti, lo ha fatto in questo contesto, i un contesto di guerriglia urbana mai vista prima, lo ha fatto per legittima difesa.
Oggi, 20 anni dopo, le sole persone ad aver fatto della prigione sono stati i manifestanti che si sono difesi.
Nessun rappresentante delle forze dell’ordine, nonostante i vari processi abbiano accertato le violenze spropositate, i depistaggi e la fabbricazione di false prove, la tortura, ha fatto della prigione. Anzi hanno fatto tutti carriera.
Continuare questa follia con il caso di Vincenzo sarebbe perverso.